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Il coniglio all'ischitana

Il coniglio all'ischitana

Ai meno ferrati in materia sembrerà invero assai strano ma sull’isola d’Ischia il piatto tipico non è di mare bensì di terra: il coniglio all’ischitana. Il suo sugo è assolutamente l’optimum per condire la pasta - notoriamente la ricetta classica e più vera prevedrebbe i bucatini - completata con prezzemolo (o basilico) e abbondante parmigiano grattugiato al momento.

Per assaporarlo al meglio bisognerebbe ordinarlo quando si prenota, perchè la ricetta originale prevede una preparazione abbastanza lunga. La particolarità di questa, sta soprattutto nella materia prima: i conigli dell’isola sono detti da fossa, poichè allevati in buche profonde (3/4 metri) dove possono scavare e muoversi in lunghi cunicoli. Questo conferisce alle carni del coniglio maggior sapore e consistenza rispetto ai conigli allevati nelle gabbie.

Protagonista assoluto domenicale sulle tavole di molte famiglie deve probabilmente il segreto di tanto successo, il cui profumo inconfondibile si diffonde nell'aria, in due arnesi "indispensabili": il tegame di terracotta ("'u tiano") e la cucina a legna, cose che in qualche casa di campagna, ancora oggi, è possibile trovare.

Il coniglio selvatico era un tempo l'animale più diffuso in zona e le narrazioni sul suo allevamento, sulle razze, sulle ricette e sulle battute di caccia che lo vedevano protagonista nelle locali pinete hanno spesso accompagnato tratti specifici della storia di Ischia. Il

D'Ascia dice che "l'isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarli", verso il 470 a.C. Due erano le specie: il coniglio leporino (con caratteri simili a quelli della lepre) e il coniglio sorcigno (con caratteri simili a quelli del sorcio). I sovrani aragonesi e i marchesi del Vasto spesso andavano a caccia di conigli anche nella vicinissima Vivara, definita per elezione una vera e propria tenuta. Oggi il coniglio non è più tanto selvatico e molte famiglie che abitano in campagna amano allevarlo in gabbia. Ma un tempo si allevava in un fosso scavato in un terreno a circa due metri di profondità dove crescevano e si moltiplicavano.

Quando il contadino gettava l'erba nel fosso, questi uscivano dalla tana per mangiarla ed egli, seminascosto, li contava, perché in pochi mesi questo si riempiva di bestiole di varia grandezza e colore. Per catturarli bisognava chiudere la tana e ciò avveniva di notte, sfruttando il chiarore della luna: si fissavano due paletti lateralmente alla tana, poi veniva fatta scivolare silenziosamente una tavola che, trattenuta dai paletti, ostruiva la tana. Il contadino allora si calava nel fosso per mezzo di una scala, prendeva i conigli che gli erano necessari per il pranzo e li affidava alla padrona che notoriamente sapeva cucinarli con cura.

Ingredienti:

  • un coniglio da un chilo e mezzo
  • 150 grammi di pomodorini maturi
  • prezzemolo, basilico, vino bianco
  • 1,5 dl di olio extra vergine di oliva
  • peperoncino, sale, pepe, aglio

Dopo aver tagliato a pezzi il coniglio, lavarlo con il vino ed asciugarlo con un panno asciutto. In un tegame che si consiglia di terracotta, far imbiondire aglio e peperoncino interi con l'olio.
Al momento opportuno togliete dall'olio entrambi e metteteli da parte. Il coniglio andrà fatto rosolare nel medesimo tegame (uno dei segreti per una buona preparazione è quello di ripetere l’operazione con pochi pezzi alla volta, in modo da mantenere l'olio sempre a buona temperatura). Quando è ben colorito, riunite tutti i pezzi nel tegame, aggiungete (se volete) aglio e peperoncino messi in precedenza da parte, spruzzate con un bicchiere di vino bianco, aggiungete sale e pepe, e fate cuocere a fuoco moderato per una mezzoretta, rigirando di tanto in tanto ed eventualmente aggiungendo un po' di brodo (o altro vino) se questo è già evaporato. Aggiungete i pomodori spezzettati e privati della loro acqua e abbondante prezzemolo. Lasciate cuocere a fuoco lento per altri 20 minuti circa, rigirando di tanto in tanto, fino a quando il fondo di cottura non si sarà ben ristretto.
I tempi di preparazione variano ovviamente in funzione della carne dell'animale e del tegame utilizzati. Se ritenete che il piatto richieda una cottura più lunga potete usare brodo o un pò di acqua da aggiungere al sugo.
Una piccola curiosità: pare che uno dei piccoli segreti di questo piatto stia nel farlo "tirare" durante la cottura fin quasi a farlo "attaccare", per poi allungare un po' il fondo di cottura qualche minuto prima di spegnere la fiamma per dare corpo alla salsa.
Va servito con contorno di patate fritte.

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